Cambiamento. È questa la parola emblematica della fase adolescenziale. Una serie continua di cambiamenti fisici, neurali, comportamentali e chi più ne ha più ne metta. Ogni giorno è come ritrovarsi in una casa buia in cui poter esplorare solo una piccola stanza e, quando siamo di fronte all’ignoto, siamo di fronte alle nostre paure.

Ma prima di parlare della paura bisognerebbe fare chiarezza sul tema

Che cos’è la Paura?

La paura è un’emozione, ovvero una configurazione di risposta complessa ed organizzata che è stata selezionata nel corso dell’evoluzione per favorire l’adattamento dell’uomo all’ambiente. Le emozioni sono quindi dei meccanismi che ci permettono di adattarci alle continue sollecitazioni ambientali[1]. Inoltre, la Paura fa parte di quelle che vengono definite come Emozioni primarie o di base, ovvero quelle emozioni innate e presenti in qualsiasi popolazione, quelle emozioni che possono essere considerate universali. Tra queste troviamo:

  • Rabbia: che spesso viene esercitata attraverso l’aggressività;
  • Paura: che si attiva in una situazione pericolosa con l’intento di proteggerci;
  • Tristezza: che si innesca con la perdita e con il fallimento;
  • Gioia: data dalla soddisfazione del raggiungimento dei propri obiettivi;
  • Sorpresa: attivata da un evento nuovo e che spesso può essere associata a gioia o paura;
  • Disgusto: una vera e propria risposta di repulsione [1].

E allora se la Paura è un’emozione così negativa, perché è così fondamentale?

Per la sopravvivenza!

Immaginate Otzi1, un uomo con solo una lancia, in cerca di cibo nella giungla preistorica. Ecco un gigantesco Mammuth, preda difficile da catturare, ma anche una grossa soddisfazione e carne per un lungo periodo. Otzi si sta avvicinando alla preda, vuole prenderla di soppiatto e, ad un certo punto, il mammuth si gira e lo individua. Si gira verso di lui. Otzi sente il pericolo imminente che lo fissa. A questo punto nel cervello di Otzi l’amigdala (posta al centro del sistema nervoso centrale) manda una massiccia quantità di segnali di pericolo al sistema nervoso simpatico (sistema cerebrale autonomo) che attiva la sua risposta fisiologica. Il cuore di Otzi comincia a battere all’impazzata, la pressione sanguigna aumenta, il glucosio nel suo organismo viene scisso per essere più facilmente utilizzato dai muscoli: il corpo si prepara ad una risposta.

Lo sapevi?

Otzi è il nome della mummia più antica d’europa, scoperta nel 1992 sulle Alpi Venoste

Le risposte che potranno essere messe in atto da Otzi sono varie:

  • Freezing: il congelamento, utile per rivalutare più nel dettaglio la situazione e per confondere il predatore
  • Fuga: una scarica di energia percorre il corpo di Otzi che si allontana a tutta forza dalla tigre
  • Attacco o Lotta: dopo una attenta valutazione delle possibilità di vincita
  • Sottomissione: particolarmente difficile da attuare con un mammut, ma utile quando ad essere arrabbiato è il capo tribù
  • Fingere di essere morto: come un opossum che alla vista di un predatore si lascia cadere a terra (non tutti i predatori amano cibarsi di carne “morta”)
  • Svenire.[2]

Non sappiamo ad oggi se Otzi ce l’ha fatta a salvarsi dal Mammuth, ma dobbiamo ammettere che grazie alla paura tanti altri antenati sono sopravvissuti a queste spiacevoli situazioni e la dimostrazione è che oggi siamo qui. Ed anche le nostre paure sono ancora qui.

Da dove nasce la paura?

Con la storia di Otzi è ben chiaro come la paura sia un elemento fondamentale per la difesa di ogni individuo e questo lo dimostra anche il suo essere un meccanismo innato, ovvero presente in ogni individuo senza che precedentemente si sia verificata una situazione simile, così come teorizzato dall’etologo Konrad Lorenz2.

In uno studio condotto dai ricercatori Kerry Ressler e Brian Dias [3] alcuni topi di laboratorio sono stati addestrati ad avere paura di un particolare odore (acetofenone, crea un odore simile ad un mix di mandorle e ciliegie). Ogni volta che questi topi sentivano questo particolare odore venivano colpiti da una scarica elettrica, in modo che associassero l’odore alla sensazione di dolore. Successivamente, i ricercatori hanno eliminato le scariche elettriche ma i topi avevano già imparato questo meccanismo e quindi continuarono ad aver

Lo sapevi?

Konrad Lorenz è considerato il padre dell’etologia moderna. Ha studiato l’imprintig e per un periodo della sua vita ha vissuto con delle oche che lo seguivano.

paura dell’acetofenone. I ricercatori iniziarono, allora, ad osservare il comportamento delle successive generazioni di quei topi e si accorsero che anche i figli e i nipoti al sentire  l’odore di acetofenone avevano una reazione di spavento e paura. Questo esperimento ci fa comprendere come queste informazioni di vita, vissute dai primi topi, sono passate di generazione in generazione, attraverso le trascrizioni di DNA, modificando drasticamente il comportamento di tutta la stirpe[3].

Paura Si – Paura No?

Ma allora la paura fa bene? Sì, la paura fa bene. La paura permette di riflettere, permette di leggersi dentro, permette, anche, di mettersi alla prova. È importante conoscere le proprie paure e i propri limiti, così da poter ben strutturare una risposta adeguata alle varie situazioni. Capire i propri limiti permette anche di comprendere quando è il momento di chiedere aiuto agli amici, ai genitori, ai parenti, a chiunque abbia già vissuto una situazione simile e possa quindi fare da buona guida. Aver paura di un fallimento non significa fallire, ma  aver fatto una valutazione della situazione e aver compreso che è necessaria una forza ed un impegno maggiore per superare le avversità.

Il lato oscuro e patologico della paura è invece l’ansia o le sindromi di evitamento, una sorta di “Paura di aver paura”, ma per adesso godetevi le vostre scoperte e le vostre paure. Dell’ansia parleremo la prossima volta!

Bibliografia

  • Ekman, P. (1992). Are There Basic Emotions? Psychological Review(99), 550-553.
  • Buss, M. D. (2012). Psicologia evoluzionistica. Pearson.
  • Brian, G. D., & Kerry, J. R. (2014). Parental olfactory experience influences behavior and neural structure in subsequent generations. NATURE NEUROSCIENCE, 89/96.